HDPE, Polietilene ad Alta Densità, è un materiale molto utilizzato per svariate applicazioni.
Noi tutti conosciamo l’HDPE utilizzato per la produzione di tubi, ma anche HDPE utilizzato per i flaconi dei detersivi per esempio o nelle bottiglie di shampoo come applicazione giornaliera di nostra vita quotidiana. Pochi sanno che in alcuni casi, l’HDPE può essere anche film.
Tutte queste differenti tipologie di HDPE, si differenziano però nel suo processo di riciclo.
E soprattutto in base alla fase del procedimento di riciclo, ci sono macchinari che prediligono lavorare con HDPE, mentre altri invece che soffrono durante il riciclo di questo materiale. Iniziamo per esempio con i lavaggi: in questo caso il peso specifico dell’HDPE scaglia (flake), e più facile da lavare rispetto invece ad un materiale come HDPE da film. E per l’estrusore, anche in questo caso, ci sono varie scuole di pensiero. Mentre alcuni clienti ritengono che con l’HDPE sia estremamente necessario utilizzare un estrusore bi-vite per poter migliorare la miscela e l’agglomerazione del materiale, altri clienti mantengono il loro pensiero di un monovite con un degasaggio potenziato e con alimentazione forzata.
E il cambiafiltro? Meglio manuale o automatico?
Sappiamo tutti che in caso di riciclo, soprattutto post-consumo, il cambiafiltro manuale ha dei limiti. Con cambiafiltro manuale possiamo intendere solo ed esclusivamente un cambio di maglia manuale, cioè un operatore costretto ad esser presente di fronte all’estrusore per cambiare la maglia ogni qual volta questa venga otturata dalle contaminazioni del materiale plastico. Siccome i materiali post-consumo passano attraverso un lavaggio, le contaminazioni residuali da eliminare con il filtro sono estremamente minuscole, comportando quindi la necessità di una maglia estremamente fina per poter ottenere una qualità efficace. Per questo motivo, molti clienti che inizialmente installano cambiafiltri manuali per la produzione di HDPE da riciclo, pensando inizialmente di avere solo una piccola percentuale di contaminazioni residue, e iniziano il loro viaggio nel mondo del riciclo con un cambiafiltro manuale.
Perché però entro un paio di anni massimo, cambiano idea e passano all’automatico?
È pur vero che le contaminazioni sono piccole e residuali, ma avete mai fatto caso alla percentuale residua? Se non siete in grado di misurarla, perché i laboratori specializzati in questo tipo di misurazioni sono talvolta rari, potete però valutarlo efficacemente in base ai minuti di lavoro del vostro cambiafiltro manuale. Se il cambio maglia manuale resta al di sotto dei 15 minuti (di media, ovviamente) vi conviene economicamente per svariati motivi passare ad un filtro automatico. Per svariati motivi economici! Prima di tutto perché il vostro operatore ovviamente è costretto a passare gran parte del suo tempo di fronte al filtro piuttosto che ad alimentare magari l’estrusore con nuovo materiale, a fare la miscela, a controllare il degasaggio, a verificare la portata oraria, a fare pulizia in generale. Avere per forza bisogno di un operatore è comunque una limitazione in termini di qualità del materiale perché l’errore è sempre possibile, e il ritorno di materiale non conforme, rappresenta un danno per tutti i riciclatori del mondo, oltre che a rappresentare un danno di immagine nei confronti dei propri clienti.
Secondo punto da tenere in considerazione è il costo delle maglie mesh.
In questo caso, dobbiamo tener presente la tendenza di alcuni paesi di bruciare queste maglie con la fiamma e di riutilizzarla. Si ritiene che sia la normale procedura ma in realtà, non solo dovremmo prendere in considerazione l’ambiente e i danni che causiamo bruciando la plastica all’aria aperta ma anche il fatto che le maglie, sono costituite da fili metallici intrecciati.Questi fili metallici permettono una filtrazione grazie ad un effetto di trazione dei fili e al blocco che viene realizzato di questi fili esternamente alla maglia, grazie ad una puntatura.Ma con il calore, questi fili metallici si allentano e si aprono leggermente. Questo comporta quindi una alterazione della qualità finale. In caso di stampaggio, questo può non arrecare danni evidenti al prodotto finale, ma in caso di filmatura o di tuberia, la differenza è notevole.Per questo motivo, il calcolo dei ricambi effettivamente utilizzati quando si utilizza un cambiafiltro manuale, dovrebbe esser reale, non calcolando un possibile riutilizzo di una maglia mesh, in quanto questo calcolo non sarebbe realistico ai fini di un riciclaggio conforme alle aspettative di un riciclo futuro richiesto da tutte le autorità governative e politiche.Calcolando quindi, anche nel migliore delle ipotesi, 1 euro a maglia mesh in caso di cambiafiltro manuale, dobbiamo calcolare (con un cambio nelle migliori delle ipotesi ogni 15 minuti) un costo solo di consumabili di 4 euro/ora. Lavorando però 24 ore in un giorno, parliamo di 96 euro al giorno solo di maglie filtranti. In base ai vostri turni lavorativi mensili, potete facilmente calcolare quanto vi costa solo di maglie mesh al mese, per non parlare dello smaltimento, e dello scarto di materiale plastico che avete ogni qual volta dovete cambiare la maglia mesh, nonché ovviamente al costo dell’operatore. E ovviamente siete limitati nell’acquisto del materiale da acquistare… perché dovrete valutare il materiale lavorabile dal vostro cambiafiltro manuale, per non incappare in un cambio inferiore ai 15 minuti. Con materiali più contaminati è possibile arrivare ad un cambio anche ogni 3 minuti, dipende dal materiale plastico che volete riciclare. Una conseguenza evidente delle difficoltà del cambiafiltro le avete con la riduzione della produzione dell’estrusore. Tenete presente infatti, che il cambiafiltro è un “muro”, e il materiale plastico lo deve attraversare. Per questo motivo FIMIC ha a disposizione 4 diversi modelli di cambiafiltri di varie dimensioni, perché è necessario saper adattare la superficie filtrante del cambiafiltro, in base non solo al materiale da dover trattare ma anche della filtrazione che si vuole realizzare.
Nel caso di HDPE infatti, FIMIC è riuscita a raggiungere portate orarie molto alte (fino a 3 tonnellate) con una pressione stabile e una temperatura che corrisponde a quella dell’estrusore. Ma perché sono importanti tutte queste cose in un cambiafiltro?
Prendiamo ad esempio la temperatura. Se il cambiafiltro ha una superficie filtrante purtroppo ridotta, l’operatore sarà costretto ad aumentare la temperatura dell’estrusore e/o del filtro, per rendere il materiale più fluido e quindi ridurre la pressione di esercizio sulla maglia filtrante. Ma questo comporta una degradazione del materiale plastico. Lo si evince con evidenza in caso di HDPE bianco o trasparente: a fine linea questo diventa giallo! Quindi è estremamente importante avere un cambiafiltro con una grande superficie filtrante, per mantenere una pressione di esercizio bassa e una temperatura adeguata al punto di fusione del melt. Se avete scelto installato un estrusore bivite, siete stati costretti (o lo sarete) ad installare anche una pompa ad ingranaggi, per permettere all’estrusore di lavorare con pressioni superiori ai 100 bar. Mi spiego meglio: essendo gli estrusori bivite principalmente dedicati alla miscelazione di compound, spesso non riescono a gestire pressioni superiori ai (generalmente) 100 bar. Questo comporta spesso un ritorno del melt nel degasaggio dell’estrusore, in caso si superi questo limite di pressione. E un cambiafiltro, che sia manuale o automatico, lavora dai 100 bar in su! Soprattutto in caso di HDPE, dove la durezza del materiale, comporta questa necessità. Per proteggere però la pompa ad ingranaggi da contaminazioni, è generalmente necessario installare un cambiafiltro a protezione, di 400/500 micron di filtrazione. In questo caso generalmente i riciclatori installano un cambiafiltro manuale prima della pompa ad ingranaggi, che cambieranno circa ogni mezz’ora e poi di seguito alla pompa, un cambiafiltro automatico. In caso di monovite, la pompa non è invece necessaria, e quindi il cambiafiltro viene installato direttamente senza alcun pre-filtro. Numerosi riciclatori, utilizzatori sia di estrusori monovite che bivite, hanno adottato come soluzione automatica FIMIC, utilizzando quindi una filtrazione laser per il riciclo di HDPE. Questa maglia non è mesh ma un disco di acciaio forato a laser che permette di garantire una filtrazione nettamente superiore ai mesh, grazie ad un foro circolare e non rettangolare. Il foro rettangolare dei mesh infatti, a causa della pressione stessa del materiale che attraversa la maglia, si allargano leggermente e potrebbero far passare alcuni contaminanti, maggiori rispetto alla filtrazione utilizzata. In caso di foro circolare e forato, ovviamente questo inconveniente viene evitato a priori.
FIMIC oltre ad alleggerire il lavoro dell’operatore, a garantire un consumo energetico inferiore grazie alla pressione di esercizio inferiore rispetto ad un filtro manuale, garantisce una qualità superiore del pellet finale, con una temperatura di fusione che non degrada il materiale e mantenendo ovviamente la produzione oraria massima dell’estrusore.
E ovviamente è possibile inserirlo su ogni tipologia di estrusore e utilizzarlo per tantissimi tipi diversi di materiali, non solo in caso di HDPE.