Erica Canaia parla di Fimic a “Il domatore di aquiloni”.

Erica Canaia parla di Fimic a “Il domatore di aquiloni”.

Fimic nasce nel 1963 a Carmignano di Brenta. È un’azienda di famiglia che si è evoluta nel tempo fino a contare oggi 50 dipendenti e a fatturare circa 20 milioni di euro. Fimic è impegnata nel settore del riciclaggio grazie alla costruzione di ghigliottine per il taglio di balle e bobine di scarto industriale e filtri automatici auto pulenti, ed è anche un’azienda che si sente parte del territorio in cui opera. Il nonno di Erica costruì a sue spese la scala della scuola e un lampione per il comune, con la stessa voglia di aiutare la propria comunità con cui oggi Fimic sostiene progetti per la popolazione (citare qualche progetto).

Fimic, tre generazioni, una visione: da sogno familiare a brand globale.

D: Abbiamo tutti gli ingredienti di una tipica impresa italiana di famiglia, dove c’è un fondatore e la terza generazione di imprenditori.
R: “L’azienda è nata dalla volontà di emergere di mio nonno che era un contadino e all’ennesima grandinata ha preso in mano le redini del suo destino. Ha detto “Basta! Io voglio tentare di fare altro.” Mio padre è poi entrato a 17 anni con una dirompenza diversa, perché mentre mio nonno lavorava nell’edilizia e poi ha fatto tante altre cose, mio padre è entrato nel mondo della plastica inventando delle macchine dedicate a questo. Però lui dice che ci ho creduto più io di lui. Quando nel 2011 sono entrata io l’azienda contava due dipendenti: mia mamma e mio papà. Io ci ho creduto talmente tanto che ho cominciato a viaggiare in giro per il mondo cercando di creare un brand fino ad arrivare a oggi che siamo una realtà conosciuta nel nostro settore.

D: Fimic ha distrutto il falso mito che dice che la prima generazione costruisce, la seconda porta avanti, la terza distrugge. Qua è l’opposto, la terza generazione ha di fatto costruito l’azienda che conosciamo oggi.
R: Io sono contro tutti gli stereotipi, visto che sono donna, giovane, ceo di un’azienda metalmeccanica, considerando che l’imprenditoria femminile in Italia è ferma all’ 8% del totale.

Il coraggio di credere: passione, studio e innovazione guidano il successo imprenditoriale.

D: Ci deve raccontare come ha fatto a passare da due dipendenti a 50 e ad avere questo giro di business.
R: Intanto ci ho creduto. A volte incontro degli imprenditori con gli occhi un po’ spenti o un po’ tristi e dico loro che non possono raggiungere nessun sogno se per primi non ci credono. Credere significa anche avere idee, provare e riprovare in continuazione. Cos’è l’imprenditoria se non continuare a sperimentare cose nuove e cercare di andare fuori dagli schemi? Seconda cosa, oltre alla passione e all’averci creduto, ho studiato tantissimo. I primi anni ho preso i guantini, la valigia e sono andata a installare le macchine per riuscire a comprendere meglio come poterle spiegare al cliente. Sono cresciuta assieme a tutti gli altri, continuando a studiare e facendomi aiutare tantissimo da chi aveva già fatto questo percorso prima di me.

D: Come fatto a trovare le persone giuste? Non siete in una metropoli e i giovani oggi sono molto attratti dalle grandi città.
R: Chi lavora con me ha creduto in me ed era coinvolto dalla mia passione. Sono grata ad ogni collaboratore, anche se poi ha fatto un’altra strada, perché ha dato qualcosa alla mia azienda. Nel 2024 o 2025 le persone non stanno in un luogo di lavoro solo per il salario, le persone sono con noi per un progetto di vita, che nella maggior parte dei casi è un bilanciamento casa-lavoro. Io cerco di dare questo ai miei collaboratori, che hanno quindi flessibilità di orario, formazione all’interno dell’azienda, coaching con me che ho studiato per diventare coach. Il titolare deve dare l’esempio: se chiedo l’etica agli altri non posso poi non essere etica io. Qui esiste la flessibilità: il lavoro non lo fanno gli orari ma i progetti e il raggiungimento degli obiettivi. L’azienda è una famiglia a tutti gli effetti e ogni fine anno c’è la soddisfazione di aver raggiunto un bel risultato tutti insieme.

Libertà, fiducia e passione: il cuore di una leadership che ispira il cambiamento

D: Arriviamo al tema cardine del nostro podcast: se dico leadership a lei cosa viene in mente?
R: Ceo: Leadership adeguativa. La leadership può essere comprensiva, autoritaria o di sostegno. Ci sono varie forme di leadership. Ciò che dico sempre è: do il massimo e chiedo il massimo. I miei valori principali sono libertà e fiducia.

D: Inizio a capire perché non fate fatica a trovare le persone che vogliono venire a lavorare in una vostra azienda. Quali sono le caratteristiche che sceglie, cioè quali sono “le persone giuste”?
R: Una persona per lavorare in FIMIC deve essere curiosa. Nei miei ragazzi noto che sono curiosi, che vogliono imparare, migliorare, che non hanno paura del cambiamento perché è parte della vita, non solo dell’impresa. Poi deve avere passione, passione per ciò che fa e voglia di metterci quella marcia in più che poi si vede. Qualsiasi skill si può imparare basta avere “fame di migliorarsi”.

Tra scuola, vita e impresa: il viaggio di un’imprenditrice tra sfide e cambi generazionali

D: All’inizio dicembre 2024 il Censis ha pubblicato il suo ultimo rapporto sulla scuola e l’ha definita una fabbrica di ignoranti. *
R: La scuola è una parte del nostro apprendimento, insegna l’impegno, a rispettare le scadenze e ad avere una visione generale. Poi sta a noi sviluppare competenze. Oggi i corsi di formazione ce ne sono in abbondanza e si può fare quello che si vuole. Le modalità si trovano.  Io per prima ho fatto Giurisprudenza, poi ho preso guanti, scarpe antinfortunistiche e intraprendenza e sono andata a installare una macchina senza sapere niente di ingegneria.

D: Quali stati i suoi bravi maestri e le sue brave maestre?
R: Mio padre e mia madre in primis. In azienda si apprende ciò che è stato fatto prima di noi e si valuta ciò che si ritiene corretto mantenere, ci deve essere un “cambio generazionale”. Poi ho avuto altri maestri in azienda. Per me è stato importante imparare a gestire le emozioni, una cosa che la scuola non insegna.  Mi sono messa in gioco lavorando su di me con una psicologa che mi aiuta e mi sostiene tutte le settimane. È fondamentale essere supportati a livello mentale quando si ha un peso imprenditoriale, essere aiutati ad essere sempre centrati nonostante quello che può capitare nella vita.

Grazie Erica! L’intervista completa si può ascoltare qui: https://www.paroledimanagement.it/fimic-limprenditrice-che-smentisce-tutti-i-bias/

*[https://www.censis.it/sites/default/files/downloads/Sintesi%20Fenomenologico%202024.pdf]