“Tornare a sognare, avere una missione, sentirsi parte di un progetto, amare ciò che si fa e lavorare all’interno di un ambiente collaborativo ci permette di alzarci la mattina con energia e carichi di entusiasmo perché consapevoli che stiamo creando un mondo migliore per noi e per i nostri figli”. Nicola Iacopelli, Come comunicare la sostenibilità, (Liquid Diamond editore)
Ritrovare il senso del lavoro: sogni, missione e collaborazione per un futuro migliore. Intervista a Erica Canaia, ceo di Fimic
Cristina Casadei sulle pagine del Sole 24 Ore(*) ha scritto che soprattutto dopo la pandemia è importante per chi lavora farlo insieme, in una dimensione collettiva. Da giovane CEO cosa ne pensi?
Erica: Per me questa necessità esisteva anche prima ed è stata enfatizzata dalla pandemia. Doversi isolare ha fatto nascere la consapevolezza di quanto in realtà sia necessaria l’unione. All’interno dell’azienda, questo lo percepisco da parte dei giovani ma anche da parte delle persone adulte.
Tu spesso hai usato proprio la parola “famiglia” in riferimento all’azienda, ce lo spieghi?
Erica: Parte da un desiderio di armonia: se c’è armonia lavori meglio, porti a casa più risultati, sei più felice. In FIMIC do il massimo a tutti come se fossero parte della mia famiglia. Come leader mi sento un supporto per ogni persona e se aiuto le persone a crescere, cresce anche l’azienda. Ovvio che, come tutte le meravigliose famiglie, talvolta si discute anche animatamente ma ogni discussione poi ha rafforzato i legami.
Lo stesso articolo del parla di Work Life Integration, di una vita lavorativa e personale sempre più unite. Pensando a FIMIC pensi sia vero?
Erica: Abbiamo bisogno di esprimerci come esseri umani, sia nella vita lavorativa che in quella personale, che poi sono tutt’uno. Svegliarsi la mattina con la voglia di andare a lavorare perché ti piace ciò che stai facendo dovrebbe essere normale. Non c’è più da anni la volontà di andare a lavorare solo per il mero stipendio, perché in tal caso resisti due o tre anni ma poi ti demoralizzi. Il lavoro è un modo per esprimerci e quindi, se facciamo un lavoro che non ci piace e con persone all’interno dell’azienda con cui non abbiamo rapporto, non possiamo che soffrirne.
Quindi è vero che l’azienda è molto di più che un posto di lavoro?
Erica: Sì, ed è un luogo dove è necessario stare bene aldilà del lavoro. In FIMIC io spingo molto verso la crescita personale e lavorativa. Il Family Day o la giornata di team building dove i dipendenti portano le mogli, le compagne e i compagni, i figli, sono momenti importanti in cui le persone che di solito non lavorano insieme si conoscono. Questo aumenta il senso di appartenenza e conoscersi aiuta a capirsi e a supportarsi se c’è un problema. Siamo qui in questa vita per crescere, non siamo qui semplicemente per sopravvivere. E se vogliamo crescere, dal mio punto di vista, lo dobbiamo fare sia in famiglia che al lavoro, dove passiamo molte ore alla settimana. Se non cresco in azienda, dove cresco?
Parlando di crescita e Work Life Integration non si può non accennare al passaggio generazionale.
Erica: Ho avuto un passaggio generazionale speciale, i miei genitori mi hanno lasciato molta libertà di espressione e non è comune. Quello che io vedo tra i giovani di Confindustria è la volontà di prendere le redini delle imprese di famiglia, ma talvolta manca la fiducia da parte dei genitori che temono invece il fallimento. È una questione culturale: la paura del fallimento in Veneto è fortissima. Negli Stati Uniti invece la vergogna del fallimento non esiste, c’è fierezza anche degli errori perché dagli sbagli si impara.
FIMIC è cresciuta molto come hai gestito l’ingresso di nuove persone (passando da tre a 50 dipendenti) visto che non avevi uno storico?
Erica: Siamo cresciuti come numero e ho cercato di mantenere in FIMIC un clima di protezione, meritocrazia, passione, spinta verso l’obiettivo da parte di tutti. Ho sempre continuato a essere curiosa, non ho mai smesso di studiare e migliorare. Ho lavorato molto su me stessa e negli anni sono cresciuta a livello personale grazie al supporto di tante persone: psicologa, coach, e di corsi, di formazione personali, spirituali, di management, di economia. Sono cresciuta con l’azienda. Poi ho cercato di assumere persone in linea coi miei valori e col tempo ho imparato a perdonarmi l’errore di un’assunzione sbagliata. La cosa più importante per crescere è scegliere le persone giuste, in linea con le proprie corde valoriali. Molto spesso ho scelto più le attitudini della persona che le skill vere e proprie: le skills si imparano l’attitudine no. Ad esempio, se un commerciale ha l’attitudine alla vendita ma non conosce le parti tecniche non c’è problema, le studia.
Sempre il Sole 24 del 10 febbraio riporta una ricerca di Marta Casadei e Serena Uccello, che parla dell’isolamento a cui tendono i giovani. Tu coi giovani ci lavori, fai la volontaria in JA. Cosa consiglieresti a ragazzi e imprenditori?
Per toglierli dall’isolamento dobbiamo co-progettare insieme a loro il loro futuro. Bisogna chiedergli che cosa vogliono fare nella loro vita e aiutarli a capire la realtà. Non si possono attaccare i giovani dicendo sono nullafacenti, che si isolano. Interroghiamoci su cosa stiamo facendo per stimolarli e fargli scoprire il bello che c’è in questo mondo. Quando ho fatto la volontaria (leggi l’articolo) gli studenti sono arrivati in finale e una ragazza ha vinto il premio leader dell’anno. Io e la mia socia dream coach abbiamo visto subito che aveva l’attitudine della leader le abbiamo fatto avere il ruolo di amministratore delegato. I ragazzi hanno talenti, tutti, e il compito dei genitori, degli adulti, degli imprenditori è aiutarli ad uscire dal loro isolamento tirando fuori le passioni. Ci vogliono ascolto e comprensione non limiti ed etichette.
Alla fine, il benessere che cerco di portare in azienda è il frutto di tutte queste cose.
- (*)Cristina Casadei, Più benessere e produttività se c’è senso di comunità in azienda, Sole24Ore 5 febbraio 2025
- (**) Marta Casadei, Serena Uccello, Isolati e in fuga, così i giovani abbandonano società e politica, Sole24Ore 10 febbraio 2025